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«Come potrei dimenticare e non più soffrire, procedere per la mia strada e non piangere, guardare al mio successo e dimenticare, non considerare l’inumana sorte subita da tanti innocenti miei fratelli? Si, I MIEI FRATELLI, VITTIME DI HAUSCHWITZ e di ogni altro luogo di guerra e violenza? E le vittime delle FOIBE? Di chi sono fratelli? SI, SONO MIEI, ANCHE LORO. E ogni anno, prima e durante la stesura di un testo a loro dedicato, li accolgo e li stringo nel cuore, piangendo.» |
Inserita il 24/02/2018 |
Ausilia Giordano
| Furono i Russi
in fulminee corse vociando,
ad dischiudere i cancelli
della nostra blindata sorte
ad Auschwitz.
Grida operose di veloci gesti
di leste uscite, di libertà!
Stentavo, tra cadute e riprese,
tra il rapido flusso di milizie
a soccorso degli indigenti:
vite interrotte in movimento,
larve umane in spegnimento.
Senza più illusioni né sogni, né fantasie,
avanzavo con affanno
verso la libertà gridata e spalancata.
Furono i Polacchi?
-Johel! - Jeremy! – Isaihas!
Con patimento ogni voce invocava.
Ma ... Josyha, io ero
e nessuno mi reclamava!
Erano troppi i giorni vuoti ormai
in cui nessuno più il mio nome pronunciava.
Dov’era chi mi aveva generato?!
Bocconi caddi dallo stremo e dal terrore.
Rude polverose braccia mi cinsero
e da quel luogo di sgomento mi trassero.
Vidi militari piangere sgomenti
mentre prestavano soccorso
e mi chiedevo in quale segreto luogo
del loro essere
avessero potuto custodire quelle lacrime
che erano fiumi lungo il loro volto.
Amara sterilità era ormai la nostra esistenza.
Dove sei ora Franz, Hagen, o Adelphi?
Potresti chiamarti Hans?
O forse Lukas? forse Frank?
Ma dove sei, per potermi ancora stringere
e gridare: “Via, via di quì!”?
La mia anima si strugge sbigottita
indietro a guardare,
ma il mio cuore è rimasto bambino
in cerca del volto incolore dalla polvere
che all'angoscia mi trasse. |
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«Da racconti dei superstiti del Nazismo. Per ricordare e porgere omaggio a tanti nostri fratelli vittime di violenze razziste. E contro ogni violenza!» |
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